Santi Gioacchino e Anna

A Torino in una collezione privata si trova una tavola di probabile correlazione con il Polittico di Monte di Nese

Questo articolo è estratto dal libro di Chiara Paratico “La bottega Marinoni – XV-XVI secolo”, Bolis Edizioni, 2008.
Si ringrazia l’autrice per aver concesso la pubblicazione di questi contenuti.


Tavola 99 x 57 cm – Torino, collezione privata

La tavola, appartenente a una collezione privata, è presumibilmente lo scomparto laterale sinistro di un polittico di cui non si conoscono altri elementi e del quale ad oggi si ignora la sede originaria. Vi sono rappresentati i Santi Gioacchino e Anna, i genitori della Vergine, con bianchi e voluminosi cartigli che dovevano contenere le consuete iscrizioni relative alla nascita di Maria: «ECCE VIRGO CONCIPIET» Gioacchino, «ECCE VIRGO PEPERIT» Anna, con chiaro riferimento alla profezia di Isaia: «Ecce virgo concipiet et pariet filium» (Is 7,14: «Ecco, la Vergine concepirà e partorirà un Figlio»). Prima giungere nel 1989 in una collezione privata torinese ed essere esposto alla mostra Piemontesi e Lombardi tra Quattrocento e Cinquecento, tenutasi in quell’anno a Torino, il pannello è apparso sul mercato antiquatio, presso la Galerie Koller di Zurigo, il 20 novembre 1987 (lotto n. 5056), con attribuzione al “Maestro di Monte di Nese”; successivamente a Londra in asta Sotheby’s, il 6 luglio 1988 (lotto n. 187), con il riferimento a “scuola delle Marche del XVi secolo”. Per primo Marco Tanzi (M. Tanzi, 1989, pp. 86-99) ha attribuito la tavola al cosiddetto “Maestro del Romacolo”, istituendo un raffronto stilistico e iconografico con il polittico marinoniano oggi presso la nuova parrocchiale di Monte Nese appunto, ma riscontrando affinità ancora più stringenti con le tavole pertinenti a un polittico smembrato in origine presso la chiesa dell’ex convento francescano di Romacolo di Endenna e oggi in parte conservate presso l’Accademia Carrara di Bergamo. Se infatti Tanzi accetta la lettura fatta da Francesco Rossi (F. Rossi, 1979, pp. 43-44) per il complesso di Monte di Nese, considerato pienamente rispondente alla cultura figurativa delle valli bergamasche al principio del ’500, all’interno della quale la bottega Marinoni rappresenta una dominante assolutamente peculiare, tuttavia per lo studioso la tavola torinese denota un livello qualitativo più alto e una maggiore complessità di componenti. Coerentemente con il giudizio espresso sui citati pannelli del Romacolo, opportunamente Tanzi ritiene di poter riferire tali dipinti, e così la tavola in esame, “a una mano ben precisabile nella bottega di Giovanni Marinoni”, non troppo oltre il primo decennio del Cinquecento, nutrita da modelli vivariniani e lombardi, di Butinone e Zenale. l Santi Gioacchino e Anna condividono con i santi del Romacolo la soluzione compositiva, ovvero la forzata inclusione nello spazio esiguo dei pannelli (carattere peraltro comune alle tavole in S. Alessandro in Colonna), la marcata definizione dei lineamenti dei volti, per così dire incisi dai segni del tempo (si confronti il volto del S. Gioacchino con il S. Antonio abate, la medesima attitudine pensosa e accigliata, la somigliante fisionomia con gli occhi definiti dalla linea nera delle ciglia, e la canna del naso allungata con la punta tonda e schiacciata), il panneggio secco e semplificato che copre una sagoma quasi incorporea, e un disegno simile nella punzonatura delle aureole.

gioacchino 1 - Versione 2
I Santi Gioacchino e Anna

Contrariamente al Tanzi che rileva per il pannello in collezione privata, con la preminente impronta vivarinana anche una giusta “suggestione ponentina”, Franco Moro (F. Moro 1990, p. 51), più di recente intervenuto in un primo tentativo di dirimere il ricco corpus marinoniano, si oppone alla tesi di una qualità più modesta degli stessi santi nei due scomparti del citato polittico a Monte di Nese, che ritiene della stessa mano e dello stesso periodo. Ora, se si condivide per i Santi Gioacchino e Anna in esame una chiara e più stretta relazione con le tavole provenienti dal complesso marinonianio documentato al Romacolo e oggi in parte in Carrara, sostanzialmente si concorda con il parere del Moro sulla chiara affinità con i santi del polittico a Monte di Nese (si osservi l’anatomia delle mani, il comune trattamento falcato del panneggio), pur rilevando una minore nettezza di segno a Monte di Nese e un plasticismo più consapevole, e riscontrando le maggiori somiglianze fisionomiche per il S. Gioacchino di Torino con il profilo della figura del Profeta a Monte di Nese; caratteri che peraltro tornano in una tavola marinoniana, verosimilmente più tarda, rappresentante un’Adorazione dei Magi, rintracciata dallo Stesso Moro: eloquente il confronto fra il S. Gioacchino torinese e il re magio seduto anch’esso di profilo di fronte al Bambino. Inoltre, se la tavola con Gioacchino e Anna sembra imparentata con i santi del Romacolo soprattutto per il comune accento vivariniano, credo si possa istituire un raffronto anche con un pannello frammentario rappresentante S. Sebastiano, oggi al Museo di Lione, avvicinato da Mauro Lucco proprio ai santi del Romacolo (Catalogue…, 1993, vol. I, p. 227). Lo studioso afferma per la tavola una possibile appartenenza al complesso proveniente dal Romacolo, anche per l’affinità rilevata nel motivo decorativo al disotto della senta ridipintura del fondo oro. Ora, se si ritiene improbabile l’appartenenza del S. Sebastiano al più antico dei polittici marinoniani documentati al Romacolo, anche alla luce del verosimile tema iconografico illustrato nell’ancona francescana, si accoglie il suggerimento di Lucco, proponendo un possibile accostamento fra il volto del S. Sebastiano e quello della S. Anna di Torino. E, nel giovane volto del santo, si riconoscono i tratti marinoniani, già evidenziati a Casnigo, soprattutto nelle sante in S. Alessandro della croce (particolarmente in quello della S. Caterina dì‘llessandria), e anche in due santi, oggi in collezione privata e gentilmente segnalatimi da Mauro Natale in fotografia, rappresentanti S. Gerolamo e S. Apollonia. Molti dunque gli elementi nella tavola torinese, che concorrono e sembrano condurre ai Marinoni: in primis l’ispirazione Vivariniana, relazioni anche di carattere iconografico e stringenti affinità tipologiche con opere del catalogo marinoniano cronologicamente prossime. Per la tavola di Torino, come per i santi del polittico a Monte di Nese, e quindi in particolare le due tavole con i S. Gioacchino e S. Anna, qui rappresentati, più fonti ipotizzano inoltre una derivazione da un modello del Vivarini. Noto è infatti quanto riportato nel manoscritto settecentesco, Memorie di alcuni quadri esistenti nelle chiese del territorio di Bergamo, sull’arredo della chiesa di S. Giorgio di Nese, località della Val Seriana prossima a Monte di Nese: «tre tavole stimatissime d’Incerto autore, cioè quelle di S. Anna, di S. Gioacchino e di S. Sebastiano» (Memorie…, post 1782, edito in F.M.Tassi, Vite…, 1969-1970, vol. II, p. 49). Ora, il Rossi sulla base di quanto legge in una guida manoscritta su Nese, che dice conservata presso l’archivio parrocchiale, identifica le tavole citate nelle Memorie, e dall’anonimo erudito non riconosciute come opere di Vivarini e invece dette “d’incerto autore”, con alcuni dipinti del Vivarini venduti dalla parrocchia all’editore Vallardi a metà ’800 (F. Rossi, 1980,p. 94 nota 45). Secondo un’altra fonte, all’inizio dell’800 furono venduti alcuni affreschi”, e dunque non tavole, di Bartolomeo Vivarini, provenienti dal porticato un tempo antistante la chiesa, dei quali un documento del 1851 attesterebbe a quella data la presenza a Milano presso il Vallardj (A. Mandelli, 1988, p. 283). Attualmente l’archivio parrocchiale di Nese non è accessibile alla consultazione e dunque è impossibile approfondire la questione (e nella sacrestia di S. Giorgio si conservano due tele rappresentanti S. Gioacchino e S. Anna, più tarde e attribuite alla scuola del Ceresa). Inoltre sulla storia della chiesa di Nese, dalla lettura delle visite pastorali, a partire da quelle cinquecentesche del Lippomano e poi del Borromeo nel 1575 (ASCVMi, Atti della Visita di S. Carlo Borromeo, vol. XXIII; Gli Atti della Vita…, 1936-1957, vol. II, pp. 489-493), non si hanno elementi sufficienti per confermare l’appartenenza al più antico arredo della chiesa delle tavole citate nelle Memorie. La relazione seicentesca sullo stato della chiesa inviata al padre agostiniano Donato Calvi accerta soltanto l’esistenza del portico, almeno per quell’epoca (BCBg, D. Calvi, Delle chiese. . . , ms. sec. XVII, vol. III, c. 197). Il Tanzi ipotizza che la tavola torinese con i Santi Gioacchino e Anna, e cosi il polittico a Monte di Nese, derivino da un prestigioso archetipo vivariniano perduto, che identifica sulla base di quanto affermato da Rossi, con le tavole di “incerto autore” descritte nelle Memorie nella chiesa di Nese. Significativo allora, come si vedrà anche nella scheda dedicata al Polittico della Madonna di Monte di Nese, quanto descritto in merito alla antica parrocchiale di quella località, nella relazione ancora seicentesca, inviata al padre Donato Calvi: «Ai lati dell’altare della Concezione sono in tavola di pittura S. Gioacchino e S. Anna, questa seconda è stimatissima. In coma epistole è la tavola di S. Sebastiano molto bella e stimata». Si tratta dei medesimi santi rappresentati nei tre dipinti citati nelle Memorie nella parrocchiale di Nese; un po’ difficile è inoltre il passaggio in cui prima è il riferimento ai due santi ai lati, ai due lati, dell’altare della Concezione, e poi invece viene espresso l’apprezzamento per una sola “stimatissima” tavola. Inoltre se per i santi Gioacchino e Anna potrebbe esservi un riferimento ai santi negli scomparti del Polittico della Madonna ancora oggi a Monte di Nese (il Rossi suppone che il polittico, ora nella nuova parrocchiale, ma in origine su un altare della chiesa antica, fosse stato smembrato già nel ’600; ciò secondo lo studioso spiegherebbe la citazione delle sole tavole con i genitori della Vergine, ai due lati dell’altare della Concezione), non si ha alcuna altra notizia di un S. Sebastiano fra le opere appartenenti all’arredo di quella chiesa. Troppi dunque gli aspetti irrisolti o irrisolvibìli, e conseguentemente le diverse ipotesi formulabili: l’effettiva esistenza di tavole vivariniane nel ’700 descritti nelle Memorie in S. Giorgio a Nese e poi vendute, e che sembra non si possa identificare con la tavola in esame, perché descritte come tre pannelli distinti, e dunque forse modello vivariniano per le tavole realizzate dalla bottega (il pannello torinese, il polittico a Monte di Nese); l’esistenza nel ’600 a Monte di Nese di tavole con gli stessi soggetti di quelle descritte nelle Memorie in S. Giorgio, forse per un errore dell’anonimo scrittore, o forse giunte a Nese da Monte di Nese e quindi vendute; oppure l’esistenza di più opere dal forte carattere vivarinesco perché direttamente dipendenti da un modello perduto, oppure perché tali da essere confuse come opere del Vivarini, e forse invece da restituire ai Marinoni. In conclusione, credo si possa sostenere per la tavola torinese come per il Polittico della Madonna di Monte di Nese, per il S. Sebastiano di Lione e per i santi oggi all’Accademia Carrara e provenienti dal Romacolo, oltre che l’attribuzione ai Marinoni, una più immediata e reciproca relazione, cronologica o iconografica, all’interno del ricco catalogo delle opere realizzate dalla bottega, pur nell’oggettiva difficoltà, tranne che per il polittico oggi nella parrocchiale di Monte di Nese e per le tavole documentate al Romacolo, di deduzioni sicure in merito alla sede originaria e alla derivazione da precisi modelli.

 

RESTAURI

  1. Restauro a cura del Laboratorio E. Giovine e L. De Vero di Torino. Sulla superficie pittorica, in buono stato di conservazione, sono state operate piccole integrazioni di colore. II supporto ligneo della tavola è intatto e presenta sui bordi la battuta della perduta cornice originaria. Sulla parte frontale, inoltre, e particolarmente sul fondo oro è riconoscibile la traccia centinata, corrispondente al profilo della cornice, in seguito integrata fino a coprire l’intera tavola uniformando il fondo oro per motivi antiquariali (dalla nota di restauro in Piemontesi e Lombardi tra Quattrocento e Cinquecento, catalogo della mostra, a cura di G. Romano, Torino 1989, p. 86).