Il Polittico della Madonna (o dell’Immacolata Concezione)

La storia del Polittico del Marinoni, un capolavoro del XV-XVI secolo custodito in precedenza nella sacrestia della Parrocchiale Nuova di Monte di Nese, ma ricollocato dall’aprile 2014 nella vecchia sede sopra l’altare a sinistra della Parrocchiale dai volontari di Monte di Nese dopo il restauro avvenuto con il contributo di Tironi Silvia per le parti in legno e di Freda Ripamonti per le parti pittoriche.

Qui trovate l’album del recente restauro

Questo articolo è estratto dal libro di Chiara Paratico “La bottega Marinoni – XV-XVI secolo”, Bolis Edizioni, 2008. Si ringrazia l’autrice per aver concesso la pubblicazione di questi contenuti.


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Complesso smembrato e ricomposto secondo un ordine che forse non è quello originario. Certamente proveniente dall’antica parrocchiale di Monte di Nese, oggi il polittico è conservato presso la sacrestia della chiesa nuova, eretta verso la fine dell’800 e consacrata nel 1895. La primitiva chiesa, di supposta origine trecentesca, Fu separata dalla vicina S.Giorgio di Nese ed elevata a parrocchiale nel 1444, con dedicazione alla Natività di Maria Vergine. Gli atti della visita di S. Carlo Borromeo elencano nel 1575 all’interno dell’antica chiesa della Natività i seguenti altari: l’altare maggiore, «habet iconam magnam pulcram inauratam»; quello intitolato all’Assunta, «sub Fornice supra columnam habet iconam magnam»; l’altare del Santissimo; quello dedicato alla Concezione, «sub fornice picta, habet iconam magnam inauratam»; e infine un altare senza dedicazione, per il quale i decreti del vescovo chiedono l’eliminazione. Se, come si vedrà, gli affreschi rappresentanti l’Assunta fra due gruppi di apostoli e i busti di profeti, strappati dall’antica chiesa e oggi conservati nella sacrestia della nuova parrocchiale (e per i quali qui si propone una restituzione ai Marinoni), decoravano la cappella dell’Assunta, per il polittico è verosimile una collocazione sull’altare della Concezione, se non sul maggiore. Nella relazione seicentesca inviata dal parroco all’agostiniano Donato Calvi, per la compilazione dell’opera dedicata alle chiese della diocesi di Bergamo e provincia, si conferma l’esistenza di quattro altari e si riferisce del progetto di erezione dell’altare di S. Antonio da Padova.

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In merito ad alcuni dipinti presenti nella chiesa si legge: «Ai lati dell’altare della Concezione sono in tavola di pittura S. Gioacchino e S. Anna, questa seconda è stimatissima. In cornu epistole è la tavola di S. Sebastiano molto bella e stimata» . Ora, la relazione seicentesca non è troppo chiara: il riferimento potrebbe essere ad alcune delle tavole del polittico della Madonna oggi nella sacrestia nuova oppure a opere differenti, in parte coincidenti per soggetto; del S. Sebastiano infatti non vi è traccia nelle tavole del polittico marinoniano in esame. Francesco Rossi suppone che il polittico di Monte di Nese sia stato smembrato già nel ’600 e poi ricomposto secondo un ordine dallo studioso non condiviso; così si spiegherebbe per Rossi la citazione nella relazione inviata al Calvi delle sole tavole con i genitori della Vergine, ai due lati dell’altare della Concezione; e tuttavia, come detto, il polittico non include alcuna tavola rappresentante S. Sebastiano. Come illustrato nella scheda dedicata alla tavola oggi in una collezione privata torinese, rappresentante in un unico pannello i genitori della Vergine, alla quale si rimanda, il manoscritto settecentesco Memorie di alcuni quadri esistenti nelle chiese dei territorio di Bergamo, attesta l’esistenza a fine ’700 nella vicina chiesa di S. Giorgio a Nese di tre tavole “d’incerto autore” e di analogo soggetto, rappresentanti S. Gioacchino, S. Anna, S. Sebastiano.

4. Polittico della Madonna (o dell’Immacolata Concezione). S. Anna – Scomparto destro ordine inferiore particolare

Secondo fonti citate da Francesco Rossi e conservate presso l’archivio di Nese, si tratterebbe di opere della bottega Vivarini, vendute dalla parrocchia a metà ’800, e quindi possibili modelli sia per il pannello marinoniano di Torino, sia per il polittico di Monte di Nese. Secondo un’altra fonte, all’inizio dell’800 furono venduti alcuni “affreschi”, e dunque non tavole, di Bartolomeo Vivarini, provenienti dal porticato un tempo antistante la chiesa, dei quali un documento del 1851 attesterebbe a quella data la presenza Milano presso il Vallardi. Attualmente l’archivio non è accessibile alla consultazione, e dunque è impossibile approfondire la questione (e nella sacrestia di S. Giorgio si conservano due tele rappresentanti S. Gioacchino e S. Anna, più tarde e già attribuite alla scuola del Ceresa). Troppe dunque le ipotesi formulabili, allo stato attuale prive di una soluzione certa: l’effettiva esistenza di tavole Vivariniane nel ’700 descritte nelle Memorie in S. Giorgio a Nese e poi vendute, e dunque modello per le diverse tavole realizzate dalla bottega; l’esistenza a Monte di Nese di tavole con gli stessi soggetti di quelle descritte nelle Memorie in S. Giorgio per un errore, o perché giunte da Nese a Monte di Nese, e poi vendute; oppure l’esistenza di più opere di analogo soggetto, alcune delle quali dal forte carattere Vivarinesco, perché dipendenti da un modello perduto, oppure perché tali da essere confuse come opere del Vivarini, e invece forse da restituire ai Marinoni.

All’inizio dell’800 il Marinoni da Ponte vede nell’antica chiesa di Monte di Nese «un quadro al suo altare laterale (e dunque non sull’altare maggiore, e piuttosto su quello dell’Immacolata) rappresentante la Vergine con vari santi», che descrive in pessime condizioni di conservazione. Successivamente Elia Fornoni, che apprezza il polittico già nella nuova parrocchiale e ne suggerisce un’attribuzione ai Gavazzi, ne attesta la provenienza dall’antica chiesa confermandone il cattivo Stato di conservazione: «Dalla vecchia parrocchiale fu trasportata nella nuova chiesa una paletta polittica, attribuita al Gavazzi sgraziatamente danneggiata dal fuoco». Francesco Rossi, che sconfessa l’attribuzione ai Gavazzi e suggerisce un possibile legame con i Marinoni, cita il capostipite Giovanni e propone confronti con opere per le quali in questa sede si ipotizza una datazione più tarda e l’intervento di più collaboratori attivi nella bottega (ovvero il Polittico della trasfgurazione di Ama).

Inequivocabile il tema rappresentato nelle tavole ancora oggi a Monte di Nese: l’illustrazione del dogma dell’Immacolata Concezione; elemento questo che conferma l’originaria collocazione del polittico sull’omonimo altare dell’antica parrocchiale, più che sul maggiore.

Lungo fu il percorso di definizione del dogma in seno alla chiesa: fra i Papi, solo Sisto IV prese posizione a favore, e se pure non giunse a risoluzioni sul piano dogmatico, con le bolle Cum pratexcelsa (1477) e Grave nimis (1482) proibì ai macolisti e immacolisti di accusarsi vicendevolmente di eresia, e già nel 1483 istituì la festività dell’Immacolata. La ratifica finale del dogma come articolo di fede avvenne tuttavia soltanto 1’8 dicembre 1854, sotto il pontificato di papa Pio IX (1846-1878), che chiuse, con la bolla Ineffabilis Deus, una lunga e accesa controversia teologica. Ora, si è accennato a dubbi esistenti sulla ricomposizione del complesso dovuta a un suo precedente smembramento. Francesco Rossi considera erronea l’attuale collocazione della lunga tavola con santi Francescani ed ecclesiastici al centro del complesso, ritenendola piuttosto la predella. L’appartenenza della tavola al polittico sembra tuttavia coerente sia dal punto di vista stilistico che iconografico, essendo nel pannello rappresentata la “disputa” fra francescani, domenicani e Dottori della Chiesa sul dogma mariano della Concezione. L’affermazione del dogma dell’Immacolata Concezione non si riferisce al concepimento di Gesù in seno a Maria, quanto piuttosto al concepimento di Maria stessa in seno alla madre Anna, e afferma che solo la Vergine, poiché predestinata, nacque senza peccato originale e fu lei stessa concepita “senza concupiscenza”. Immediatamente si comprende la rappresentazione di Gioacchino e Anna, genitori di Maria (erroneamente in passato ritenuti le figure di un profeta e di una Sibilla). Significativamente, inoltre i due santi reggono cartigli che preannunciano la maternità stessa della figlia, la nascita del Cristo e la Verginità di Maria, affermata dalle profezie di Isaia: «ECCE VIRGO CONCIPIET», Gioacchino; «ECCE VIRGO PEPERIT», Anna (Is 7, 14). Il tema viene dunque rappresentato ribadendo emblematicamente il suo unico vero fondamento, ovvero la predestinazione di Maria, unica creatura del genere umano a nascere senza peccato, poiché futura Vergine Madre di Cristo. La scelta di inscrivere, nel cartiglio visibile alla base dello scomparto con la figura a mezzo busto di un profeta (per altri Giuseppe), una citazione dal libro della Genesi riferita alla creazione «DIXIT DEUS FIAT LUX ET FACTA EST LUX ET VIDIT DEUS LUCEM QUOD ESSET BONA», potrebbe allora alludere al ruolo centrale di Maria nella storia della salvezza disegnata per l’uomo da Dio, dalla creazione al riscatto dal peccato originale per mezzo dell’Incarnazione del Figlio. In particolare, la simbologia della luce trova la sua più forte affermazione proprio nel citato passo della Genesi riferito alla creazione; il Vangelo di Giovanni, perentoriamente afferma: «Dio è luce, e in lui non ci sono le tenebre» (1Gv 1,5), e la Luce significa bene, vita, salvezza mentre le tenebre, assenza di Dio, e dunque, male, morte e dannazione. Cristo infatti è la luce del mondo (1Gv 2,8); e questo il senso della Sua venuta, il riscatto dal peccato originale. La condizione di assoluto privilegio concessa a Maria è inoltre ribadita e sottolineata dalle parole dell’Angelo «TU SOLUS SANCTUS SANCTAM PRESERVASTI. TU SOLUS DOMINUS MARlAM FABRICASTI. TU SOLUS ALTISSIMUS MARIAM SUBLIMASTI IESUS CHRISTE»; e almeno in una delle due nicchie doveva essere collocata un’immagine scolpita della Vergine. E, lungo il margine della cornice, a corona della nicchia centrale superiore, si legge una nota invocazione a Maria, che ne ribadisce il ruolo di mediatrice per l’uomo, lei Regina del cielo e Signora del mondo, Creatura Immacolata senza peccato, Vergine e Madre del Salvatore del mondo: «Ave domina sancta Maria mater dei, regina celi, porta paradisi, domina mundi singularis pura tu es enim virgo. Tu concepisti Ihesum sine peccato, tu peperisti creatorem redemptorem atque salvatorem mundi, in quo non dubito, libera me ab omnibus malis et ora pro peccatis meis. Amen». Negli scomparti dipinti il tema centrale è l’affermazione del dogma di fede, del suo fondamento, ovvero la predestinazione di Maria, e la sua difficile chiarificazione in seno alla Chiesa. L’affermazione del dogma dell’Immacolata, e quindi di Maria creatura senza peccato, fu oggetto infatti di aspre dispute. Inoltre, proprio per la difficoltà di affrontare una verità cosi spirituale, frequentemente viene scelto il soggetto iconografico della Disputa fra santi e Dottori della Chiesa, nel polittico efficacemente rappresentata nel pannello orizzontale montato al centro. Va dunque ribadito non solo il ruolo centrale avuto dall’ordine francescano, ma anche che l’istituzione della festività dell’Immacolata Concezione avvenne per volontà del papa francescano Sito IV, e non prima del 1483. Ciò spiega l’attenzione espressa nel polittico all’enunciazione del dogma come verità acquisita, a seguito di un lungo cammino di chiarificazione e dibattito fra i protagonisti della storia e della teologia della Chiesa, anche a distanza di secoli. Sì rivela interessante allora la scelta dei protagonisti della “disputa”: non solo santi domenicani e francescani, fra loro avversari, gli uni contro, gli altri strenui difensori, ma anche dottori e padri della chiesa, vescovi e papi, d’Oriente e d’Occidente, al fine di rappresentare la lenta e faticosa affermazione del dogma, e le diverse interpretazioni date nei secoli; una storia all’interno della quale il polittico si pone cronologicamente al centro, lungo la prima metà del ’500.

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Polittico della Madonna (o dell’Immacolata Concezione)., Santi Domenico, Cirillo vescovo, Giovanni Scoto, Alessandro papa – Scomparto centrale
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Polittico della Madonna (o dell’Immacolata Concezione), Bernardo abate, Alessandro di Hales, Basilio vescovo, Tommaso d’Aquino – Scomparto centrale

I santi rappresentati nel pannello centrale, sono: ai due lati i domenicani, Domenico e Tommaso d’Aquino; quindi rispettivamente a sinistra e a destra due vescovi d’Oriente, S. Cirillo e S. Basilio; due teorici Francescani che ebbero un ruolo centrale nel processo di definizione del dogma, in primis Giovanni Scoto, e a destra Alessandro di Hales; papa Alessandro IV, sostenitore dei Francescani, e S. Bernardo, santo devoto alla Vergine.

Interessante la scelta di rappresentare due vescovi d’Oriente, protagonisti nella conquista delle verità di fede della Chiesa, entrambi muniti di cartigli celebrativi della Vergine Immacolata: S. Basilio (monaco e dal 370 vescovo di Cesarea in Cappadocia), oppositore dell’arianesimo, eresia trinitaria condannata dal primo concilio di Nicea del 325, afferma «O MARIA TU CANDORIS ET DECORIS FORMA CUI IN TERRIS NON EST EQUALIS»; S. Cirillo vescovo di Alessandria d’Egitto (l’appellativo cristologico prediletto da S. Cirillo è “Emmanuele” ovvero Dio con noi, proprio perché rileva il carattere insieme divino e umano di Cristo) che sostenne nel Concilio di Efeso del 431 la tesi della Madonna vera Madre di Dio, in contrapposizione alla dottrina di Nestorio, per il quale Maria era madre della persona umana del Cristo, perentoriamente declama «PONERE IPSE ALIQUAM CULPAM VEL PECCATUM IN MARIA EST TEMERARIUS». Fra gli oppositori, i domenicani, insieme al fondatore è rappresentato S. Tommaso d’Aquino, che nei suoi scritti non ebbe una posizione di assoluto contrasto al dogma, e nel cartiglio afferma «MARIA AB OMNI PECCATO ORIGINALE ET ACTUALE IMMUNIS EST»; e persino Bernardo di Chiaraballe, che si oppose alla pacifica accettazione del dogma, qui pronuncia «CARO VIRGINIS EX ADAM SUMPTA MACULAS NON ADMISISTI». E’ importante infatti chiarire, come osserva Orlando, che se generalmente i teologi domenicani fiirono contrari all’Immacolata Concezione, perché fedeli alla Summa theologiae (1267-1273) di S. Tommaso, tuttavia lo stesso S.Tommaso non ebbe sempre una posizione univoca, come attestano altri scritti Commentarium in quatuor libro: Sententiarum (1252-1255) e In Salutationem angelicam (1273). Infine fra i francescani, accesi sostenitori del dogma, sono raffigurati i due santi che più di tutti contribuirono a chiarirne la ragione e il fondamento: Alessandro di Hales (Hales, Gloucestershire 1185 ca. – Parigi 1245 ca., teologo francescano a Parigi, maestro di S. Bonaventura da Bagnoregio, autore di una Summa totius theologiae e delle Postillae super Ysaiam) che afferma «VERE SINE MACULA CONCEPTA EST»; e soprattutto Giovanni Scoto (nato a Duns in Scozia nel 1265 ca. e morto nel 1308) che senza incertezze declama «SINE ORIGINALI PECCATO CONCEPTA EST». All’interno della lunga e dibattuta disputa che porterà all’affermazione del dogma risultò decisivo infatti il concetto della redenzione preservativa, avanzato da alcuni teologi del XIII secolo e assunto a fulcro di argomentazione dal francescano Giovanni Scoto; l’Immacolata Concezione, diveniva cosi prima di tutto un inno alla potenza salvifica di Cristo. Il francescano nel suo Opus Oxoniense sollevò il concetto della “possibilità” di un privilegio concesso a Maria; quindi ebbe il merito di far cadere l’obbiezione dei negatori affermando che la concezione immacolata di Maria non era in contraddizione con l’idea del Cristo “perfetto mediatore” anche nei confronti della Madre, ma piuttosto l’affermazione della redenzione al suo più alto grado, poiché “redenzione preservativa”, da ritenersi allora non solo “possibile” ma richiesta, per colei che appunto sarebbe stata la Madre di Cristo.

Ora, alla luce del tema iconografico rappresentato cosi come della storia edificativa dell’antica parrocchiale di Monte di Nese, pare ampliata già intorno al primo decennio del ’500, si può supporre una collocazione cronologica intorno al primo quarto del secolo. Tale proposta di datazione, ben si accorda con le relazioni di carattere stilistico e iconografico istituite da Franco Moro (F. Moro, 1990) e più cautamente da Marco Tanzi Tanzi, 1989), fra i santi del polittico e i Santi Gioacchino e Anna, della tavola marinoniana, oggi in collezione privata torinese. Nonostante un fare più morbido, e già un po’ involgarito e come dire “personalizzato” avvertibile nel confronto con il pannello a Torino, indubbia è l’attribuzione ai Marinoni, precedentemente solo suggerita dal Rossi, sulla base di generiche affinità colte nei santi alla Trinità di Casnigo, e superando il consueto primo riferimento ai Gavazzi da Poscante portato da Fornoni. Rossi suggerisce inoltre, come accennato, possibili confronti con opere qui giudicate di bottega e tarde emulatrici di schemi iconografici consolidati, come il Polittico della Trasfigurazione di Ama (il confronto più appropriato sembra infatti con il solo S. Giuseppe). Affinità più stringenti, per il Profeta a mezzo busto di Monte di Nese, si riscontrano nel S. Gioacchino della citata tavola marinoniana; con il S. Antonio abate di uno dei pannelli provenienti dall’ ex convento di Romacolo di Endenna, oggi all’Accademia Carrara di Bergamo con il Re Magio inginocchiato nell’Adorazione, in collezione privata. E tuttavia, il S. Gioacchino di Monte di Nese, dai lineamenti meno marcati, il volto più largo, la fronte spaziosa, gli occhi distanti fra loro, e cosi l’angelo dello scomparto superiore destro, sembrano rivelare l’intervento di una mano diversa, forse più matura, collocabile cronologicamente negli anni dell’attività della terza generazione di pittori, (Bernardino, Antonio, e collaboratori), e a una certa distanza dalla decorazione ad affresco dell’altare dell’Assunta nell’antica parrocchiale di Monte di Nese, della quale oggi non si conserva altro che qualche logoratissimo strappo, ipoteticamente qui riferito alla quarta generazione di pittori.

 

RESTAURI

  1. Restauro a cura di Giuseppe Arrigoni. Pulitura con asportazione degli annerimenti e delle vecchie vernici ingiallite, fissatura dei sollevamenti di colore, restauro pittorico integrativo.